[LEGGI IL PROLOGO: ONOMATOPEE SUL PICCOLO SCHERMO]
Come abbiamo visto nel prologo di questa “rubrica”, dagli anni trenta ad oggi il cinema è stato spesso e volentieri “invaso” dal mondo del fumetto.
Non è intenzione mia però scrivere la cronostoria del cinecomics, un po per mancanza di tempo [negli anni ce ne sono stati centinaia tra film famosi, semisconosciuti e progetti annullati o finiti nell’oblio che spesso sono anche più interessanti di quelli arrivati su grande schermo] un po perché sono informazioni facilmente reperibili su Wikipedia o su altri siti di cinema e fumetti, probabilmente anche più attendibili di me.
Quello che voglio fare è invece parlare e “analizzare” [detto con la massima umiltà possibile, che non sono un esperto ne di cinema ne di fumetto ma solo un semplice appassionato quindi leggetemi di conseguenza] quei cinefumetti che hanno fatto la storia, quelli che hanno cambiato il modo di percepire i comic books, che hanno contribuito ad innalzare questo movimento chiamato cinecomics [perchè come si diceva non si può parlare di “genere“], insomma quei film che sono riusciti a spingersi oltre e a dare una svolta sia nella settima che nella nona arte.
Ma per poter riflettere sul reale impatto di certi film, è necessario dare uno sguardo al panorama cinematografico e fumettistico negli anni della loro uscita.
ROAD TO SUPERMAN
Abbiamo visto come i cinecomics siano nati sul grande schermo con i serial cinematografici ma siano arrivati al grande pubblico tramite il tubo catodico con serie come ADVENTURES OF SUPERMAN negli anni cinquanta o il BATMAN nella decade successiva.
L’Uomo pipistrello però non è stato l’unico fumetto ad arrivare sul piccolo schermo negli anni tra i sessanta e i settanta: LA FAMIGLIA ADDAMS per esempio si ritaglia una bella fetta di pubblico tra il 1964 e il 1966, anche se a farla da padrona saranno per lo i supereroi.
La prima con protagonista Nicholas Hammond non riuscì a superare i 15 episodi a causa dei bassi ascolti e delle critiche sulla poca fedeltà all’opera originale [anche Stan Lee in persona si dissociò al progetto] più fortunato invece Hulk con le sue 5 stagioni e il buon riscontro di critica soprattutto da parte dei fan [ancora oggi la serie è molo amata…io almeno la ricordo con affetto]. Merito del successo i protagonisti Bill Bixby nei panni di Bruce David Banner e l’icona del culturismo Lou Ferigno in quelli del mostro verde rabbioso. Nonostante le numerose differenze col fumetto, la serie mantenne un’atmosfera composta e realistica molto distante da BATMAN o dal collega arrampica muri e il motivo è abbastanza chiaro: il personaggio non venne trattato come un cartone animato per bambini ma preso sul serio, primo piccolo passo per quello che sarebbe arrivato più tardi.
Sul fronte americano invece i progetti scarseggiavano a causa della poca fiducia e della non propriamente illustre reputazioni dei fumetti. I produttori Michael Uslan e Benjamin Melniker tentarono più volte di realizzare un film su Batman che potesse riportare il Crociato Incappucciato alle atmosfere originali dopo la strampalata serie televisiva, ma il ricordo del Batman “camp” era ancora forte e le varie case di produzioni a cui fu proposto il progetto rifiutarono segno che Hollywood non credeva nella buona riuscita dei supereroi sul grande schermo.
Non era dello stesso giudizio Richard Donner.
“YOU’LL BELIEVE A MAN CAN FLY”
Chiunque mastichi un po di cinema sa benissimo l’impatto culturale che il film SUPERMAN ha avuto, così come i fan del fumetto sanno di dover essere grati al film di Donner per il modo in cui ha portato il supereroe per eccellenza sul grande schermo aprendo la strada a tutti i futuri cinefumetti,
Ma cos’aveva di speciale questo film che gli altri cinefumetti non avevano?
I produttori Alexander e Ilya Salkind cercarono per anni di accaparrarsi i diritti cinematografici di Superman, una volta raggiunto l’obbiettivo assunsero Mario Puzo per la sceneggiatura e Guy Hamilton per la regia.
Dopo una serie di problemi e inconvenienti in pre-produzione [esiliati fiscali, azioni legali da parte di Cinecittà e altre cose che potete leggere su Wikipedia] vennero sostituiti da Richard Donner in cabina di regia e Tom Mankiewicz incaricato dallo stesso Donner a riscrivere interamente la sceneggiatura considerata troppo “camp“.
Ancora una volta quel termine sembrava dover accompagnare un opera supereroistica, ma per fortuna Donner era fortemente contrario al far diventare Superman un giullare in calzamaglia.
Questa è stata la prima vera carta vincente. Il regista de IL PRESAGIO, I GOONIES e della saga ARMA LETALE ha creduto moltissimo nel character e ha lottato affinché venisse trattato come un personaggio reale.
Attenzione, non “realistico“, non si cerca di dare un senso a quello che si vede [è pur sempre un alieno con mantello e calzoni rossi] ma si è cercato invece di dare un senso alle azioni e ai pensieri di questo supereroe evitando di farlo agire bidimensionalmente sullo schermo anche a costo di dedicare più tempo all'”uomo” che al supereroe stesso proprio come accadeva nella serie L’INCREDIBILE HULK.
A partire dal prologo su Krypton, una scena curata nei minimi particolari sia nei dialoghi che nella scenografia [ad opera di John Barry, premio oscar nel 1978 per GUERRE STELLARI] dove si è deciso di mettere al centro della scena il padre biologico di Superman e la difficile scelta che compiono lui e la moglie nello spedire lontano il figlio appena nato.
Questo tipo di profondità viene mantenuto anche nelle “seconde” origini di Clark Kent ovvero durante la sua infanzia a Smallville. Nel film vediamo un ragazzo reale con conflitti reali riguardanti i suoi poteri, c’è empatia nella messa in scena del personaggio, la parte ambientata a Smallville è leggera ma non per questo sempliciotta tant’è che si concluderà con la morte del padre adottivo Jonathan Kent.
Una morte molto più significativa rispetto a quanto visto nel recente MAN OF STEEL di Zack Snyder, dove Pà Kent impediva a Clark di usare i suoi poteri per proteggere così la sua provenienza aliena. Nel film del 1978 [quindi circa trent’anni prima che la gente si mettesse a predicare “serietà” e “introspezione” nei cinecomics] il padre moriva di infarto e Clark si addossava la colpa perché non era riuscito a salvarlo.
Non poteva farlo. È praticamente un Dio in Terra ma non può nulla contro un vecchio cuore che decide di smette di battere.
“Tutte le cose che so fare, tutti questi poteri…e non sono riuscito a salvarlo” confesserà Clark alla madre durante il funerale di papà Kent, una scena breve ma veramente intensa in cui vediamo il più grande supereroe del mondo confrontarsi con i suoi limiti e le sue responsabilità e che lo porterà ad affrontare un viaggio verso la sue reali radici [verso la Fortezza della Solitudine dove incontrerà un “echo” del padre biologico Jor-El].
Siamo a cinquanta minuti dall’inizio del film e non abbiamo ancora visto un mantello o una scazzottata, Donner e Mankiewicz si ritagliano il giusto tempo per costruire un bel personaggio come se fosse un qualsiasi altro soggetto e non un “eroe per bambini“. Fiducia nel character, cura nei dettagli e serietà nella messa in scena, questo il primo asso vincente della pellicola.
Ma facciamo un passo indietro alla pre-produzione del film.
L’UOMO GIUSTO AL MOMENTO GIUSTO
Visti i buoni propositi di girare una GRANDE pellicola, la prima mossa strategica è stata quella di reclutare importanti nomi per il cast e la crew.
Per la regia dopo i papabili Peter Yates, William Friedkin, Francis Ford Coppola e George Lucas venne scelto come abbiamo visto Richard Donner reduce del successo de IL PRESAGIO [l’originale THE OMEN, 1976] e Tom Mankiewicz incaricato a riscrivere la sceneggiatura [in passato aveva già scritto tre film della serie 007], Geoffrey Unsworth venne assunto come direttore della fotografia [aveva lavorato a 2001: ODISSEA NELLO SPAZIO e a CABARET con cui vinse un oscar nel 1972], il già citato premio oscar John Barry per scenografie e regia di seconda unità mentre John Williams [premio oscar per IL VIOLINISTA SUL TETTO nel 1972, LO SQUALO nel 1976 e GUERRE STELLARI nel 1978] per la colonna sonora.
In seguito fu la volta del cast. Si fecero moltissimi nomi per i protagonisti, da Robert Redford a Paul Newman per il ruolo di Superman a Dustin Hoffman per quelli di Lex Luthor. La svolta arrivò con l’ingresso di Marlon Brando [reduce dell’enorme successo di ULTIMO TANGO A PARIGI e IL PADRINO] nel ruolo di Jor-El.
Seguirono Gene Hackman come Lex Luthor e Glenn Ford come Jonathan Kent ma restava ancora la scelta più ardua: chi avrebbe interpretato l’ultimo figlio di Krypton?
Mentre la produzione pensava a nomi come Steve McQeen o Clint Eastwood e altri si autocandidavano per il ruolo come Sylvester Stallone [che entrò in conflitto con Brando ma che non venne comunque mai preso veramente in considerazione], il regista era più propenso a scegliere un attore sconosciuto.
Seconda carta vincente. Donner aveva la forte convinzione che il pubblico non volesse vedere una celebrità col mantello rosso svolazzare sullo schermo, la gente voleva vedere Superman, proprio come accaduto con George Reeves nella serie anni cinquanta ADVENTURES OF SUPERMAN, Richard Donner era alla ricerca di qualcuno che non interpretasse Superman ma che agli occhi di tutti potesse ESSERE Superman.
Dopo un iniziale “no grazie” da parte della produzione, Christopher Reeves [che omonimia a parte non è imparentato con l’ex Uomo d’Acciaio George Reeves] riuscì a conquistare Donner nonostante il suo fisico non proprio d'”acciao”. Ma Reeves credeva tanto nel ruolo e nel personaggio [similarmente al regista e si sa che se attore e regista condividono la stessa determinazione il risultato non può che essere ottimo] che si rifiutò di indossare un costume imbottito e decise di iniziare un duro allenamento sotto la guida del bodybuilder David Prowse [esatto, Darth Vader in persona].
Reeves arrivò così ad un peso di 96 Kg per un metro e novanta di altezza, un vero “superuomo”.
Fisico a parte, Reeves si rivelò la scelta perfetta non solo per il ruolo dell’azzurrone ma anche per il suo alter ego Clark Kent.
Nei panni di Superman, Reeves era una vera e propria scultura con sguardo fermo e mento alto, era imponente ma rassicurante con un portamento molto composto in contrapposizione però al suo modo di parlare per nulla autoritario ma anzi amichevole, una voce tranquilla e spesso anche scherzosa come a voler spezzare la tensione all’interno di un dramma [che sia una rapina o un incidente in elicottero].
Tolto il mantello e mettendo su camicia e occhiali, Reeves sembrava diventare un’altro attore.
La voce diventava nasale, acquistava un leggero balbettio, braccia a penzoloni come a non sapere dove metterle e schiena leggermente ingobbita. Non era solo un cambio d’abito e non era una parodia ma un personaggio completamente differente, un drastico stacco di persona molto evidente nella scena dopo l’intervista di Lois Lane in un momento in cui Clark sembra volergli rivelare la verità [quindi via gli occhiali e petto in fuori] ma in un attimo ha un ripensamento e torna ad essere l’impacciato Kent e lo fa solamente cambiando lo sguardo e la postura.
Recitando solamente con la voce e con le spalle Christopher Reeves è riuscito a far funzionare tutta la storia dell’identità segreta protetta da dei semplici occhiali ed è riuscito a regalarci quello che per Richard Donner era [e sarà] il Superman definitivo.
L’ultimo ingrediente che ha contribuito alla buona riuscita del film è l’elemento comico. O meglio:
IL GIUSTO EQUILIBRIO TRA COMICITÀ E TRAGEDIA
Nonostante molti oggi siano restii ad associare le parole “cinefumetto” e “commedia”, nel suo film Donner era riuscito a trovare il giusto equilibrio tra serietà e leggerezza.
Già Superman appariva molto rilassato e ironico nei modi di fare [molto simpatica la naturalezza con cui annuncia la sua missione: “I’m here to fight for truth and justice and the American way” come se fosse la cosa più naturale del mondo, citando per altro il celebre slogan della serie tv anni cinquanta] ma per l’intera pellicola aleggia un’atmosfera leggera.
Gli uffici del Daily Planet e i personaggi che vi orbitano sono un po il fulcro di questo lato “leggero” del film.
Una redazione frenetica [come in ogni quotidiano che si rispetti] dove le parole scorrono a fiumi e le discussioni sono all’ordine del giorno, con un capo burbero come Perry White [lontano antenato del J.Jonah Jameson ad opera di J.K.Simmons], la grintosa ma un po distratta Lois Lane e l’immancabile Jimmy Olsen.
Il Daily Planet diventa cosi teatro di battute e trovate da sitcom tra gli errori di battitura di Lois, le frecciatine di quest’ultima verso il nuovo arrivato e la porta dell’ufficio del capo che sembrano non chiudersi mai a causa del continuo via vai.
Questo lato comico si contrappone perfettamente a quello più “epico” della pellicola permettendo così la nascita di un villain sopra le righe che per nulla stona all’interno della pellicola.
Lex Luthor eredità le migliori qualità dello script di Mankiewicz. Non è minaccioso come un Darth Vader ma nemmeno eccessivamente ambiguo come un cattivo Disney, Gene Hackman trova il perfetto equilibrio tra classe e malvagità regalandoci un villain che non si prende troppo sul serio, minaccioso si ma dalla battuta pronta senza sacrificare mai la sua verve grottesca.
Un po più clowneschi e stereotipati invece il braccio destro Otis [un simpatico Ned Beatty] e la capricciosa signorina Teschmacher [la bellissima Valerie Perrine].
Questa dunque la mano vincente: serietà nel prendere in mano il progetto, ottima scelta del casting [non dettata da moda e/o popolarità ma basata esclusivamente sul soggetto] e giusti criteri [ma più assennatezza] nel dosare serietà e leggerezza per tutta la durata della pellicola.
Ovviamente il film contiene numerosi altri pregi: gli effetti speciali davvero straordinari, i primi a rendere onore al personaggio e ripagati per altro con un oscar, il romanticismo, elemento ormai passato in secondo piano nei cinecomics moderni ma che nel film di Donner riesce a dare un ulteriore forza al personaggio sia nei panni di Clark Kent [con Lois che lo punzecchia e lo tratta come uno zerbino] che di Superman [dove la ragazza diventa più dolce e fanciullesca, memorabile la scena in cui i due volano insieme sopra i cieli di Metropolis], per non parlare della colonna sonora firmata da John Williams, uno dei temi più famosi nella storia del cinema [come tutti i temi di John Williams tra l’altro] che da solo riesce a descrivere tutta la potenza del personaggio e il sense of wonder della pellicola.
Insomma i pregi sono numerosissimi ma sono i tre elementi sopracitati la vera colonna portate dell’intero progetto, un tris d’assi che è stato ripagato da un ottimo incasso [circa 300 milioni in tutto il mondo, il più grande successo della Warner Bros. prima di allora] e una ancor più ottima critica.
Il SUPERMAN di Richard Donner è l’antenato di ogni cinefumetto, il film con cui tutti si sono dovuti confrontare e da cui sono stati più influenzati [viene spesso indicato come elemento di ispirazione], un opera che è riuscita a mitizzare un personaggio già iconico di suo e che ha fatto sognare migliaia di spettatori.
Donner e Reeves hanno dato vita a un simbolo di speranza, forza e bontà, un personaggio indimenticabile non solo per il cinema ma per l’intera nostra cultura popolare e che è riuscito a farci [a noi ma soprattutto ad Hollywood] credere nei supereroi, a farci credere che un uomo possa volare.
[TO BE CONTINUED]
OH CHE BEL PEZZO
Fa proprio piacere leggere questa apologia del primo Superman, primo perchè lo merita, secondo perchè anche io l’ho adorato, terzo perchè ci sono tante piccole info e curiosità che ignoravo, quarto perchè è ben scritta e presentata, quinto perchè per capire i grandi cinecomic di questo secolo dobbiamo prima conoscere e capire quelli del precedenti.
Tu questo lo sai e ci prendi per mano in un viaggio simpatico, interessante, senza essere mai troppo cattedratico bensì coinvolgendoci con il tuo entusiasmo.
E sai che ti dico? Che m’hai messo voglia di rivederlo questo Superman. L’unica cosa di cui mi dolgo è che non ho più la versione originale bensì quella rimontata con alcune scene in più (quasi tutte della prima parte, quella su Krypton) e – ahinoitutti – ridoppiata.
PS: la citazione su Smallville l’ho adarato. Quella serie m’è rimasta tatuata sul cuore, per tanti motivi, ed anche se effettivamente dopo la morte di papà Kent la produzione ha continuato a sfornzare episodi fino alla decima stagione incapace di riconoscere lo scempio che stavano facendo alle prime 5 stagioni, la bellezza della serie e dei personaggi introdotti e sviluppati resta innegabile.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie, grazie e ancora grazie amico Lap 🙂
Io amo i cinema e i fumetti di conseguenza i cinecomics sono un po il mio pane quotidiano, ma dal scrivere un post al sapere che a qualcuno a fatto piacere leggerlo è tutta un’altra cosa [visto anche la lunghezza non indifferente del suddetto post] 😀
La serie SMALLVILLE non ho mai finito di vederla 😦 ho visto proprio le primissime stagioni quando le trasmettevano su Italia 1 che a quel tempo non è che mi addentrassi molto sul web…ma orientarsi tra i caotici palinsesti televisivi era ancora peggio e quindi ciao, non l’ho più seguita…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Le prime 5 stagioni di smallville sono ottime: sulle prime c’era poca storia (si seguiva il trito canovaccio del freak of the week, quindi ogni puntata c’era un mutante da meteorite che Clarke doveva sgominare) ma si sviluppavano molto bene i personaggi, sulle 3/4/5 invece si cominciò ad approfondire di più la mitologia di superman: jor-el, fortezza della solitudine, etc.
Proprio con la dipartita di Papà Kent la serie ha virato tristemente verso il basso. Poi piano se ne sono andati pure attori simbolo come Kristin Kreuk (Lana Lang) e Michael Rosembaum (Lex Luthor) e tutto si è fatto sempre più stupido.
Avessero avuto il coraggio di chiuderla con la stagione 5 non esiterei a inserire Smallville tra le prime 10 serie del mio pantheon personale… ma ahimè i produttori USA non sanno mai quando è il momento giusto per scrivere la parola FINE (o meglio: lo sanno, ma finchè c’è da guadagnarci se ne sbattono…)=
"Mi piace"Piace a 1 persona
PS: io comunque su italia uno non l’ho mai vista… sempre scaricata. Un periodo addirittura me la guardavo coi sub-ita…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Nel 2001 quando uscì avevo 10 anni! A quel tempo per me il PC era fonte di video games, porno e nulla più XD quindi non ho mai avuto occasione [ne il piglio] di scaricarla!
Comunque ero convinto di aver visto buona parte della serie, ma alla morte di Pa Kent non ci sono mai arrivato quindi in realtà sono rimasto parecchio indentro :O
"Mi piace"Piace a 1 persona
Mi hai davvero aperto un mondo! Grazie!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Lieto di averlo fatto 🙂 e grazie per il commento [ma soprattutto complimenti per il blog! Mi piace un sacco come scrivi!]
"Mi piace"Piace a 1 persona
Grazie mille! Spero a presto allora!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Un articolo meraviglioso, stupendo, enciclopedico, frizzante, divertente, colto e rispettoso fino allo spasimo, da manuale!
Un articolo che come il prologo, salverò per riguardarlo e consultarlo ogni volta che ne avrò bisogno.
Un articolo che suona come un campanello d’allarme per tutti quei blogger e quei giornalisti che parlano a vanvera, che copiaincollano senza conoscere la materia di cui trattano, perché la cultura che hai e la passione che mostri sono meravigliose!
Lo so che questo commento sembra la fiera dei superlativi e per certi aspetto sembra scritto da un bimbominkia, ma tu che mi hai imparato a conoscere, che sai con quanta pignoleria approccio un argomento a cui tengo, che ho vissuto nei comics e che coltivo tutt’ora una passione per essi talora anche insana e che ami riconoscere sempre nei film di oggi i segni del passaggio su questa erra dei capolavori del passato, tu puoi capire il mio stato d’animo, simile ad un apostolo che riceve la parola divina…
Già in atra sede, forse proprio nel commento al prologo, ti definii il mio guru in campo supereroistico (dai fumetti ai film) ed ora lo ribadisco, anzi lo urlo!
Ancora un po’ di superlativi, così, li butto a manciate sul pavimento di fronte al PC, da dove ho finito di leggere (due volte, per ora) il tuo pezzo… Gloria a El Burrito Perrito!!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Carissimo Kasa perdono il tuo smodato uso di superlativi e metto anche da parte la modestia per ricevere a braccia aperte tutti i tuoi complimentoni…perché ovviamente mi fa piacere riceverli 😀 specialmente se dette da una persona come te che, non dissimile a come mi hai descritto, non parla per sentito dire ma solo per conoscenza e soprattutto per immensa passione!
E quindi thanks a lot maestro Kasa!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Amen, fratello! Anzi, brother in arms!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Epico amico canide, nella parte sulle vecchie glorie italiche, con quella foto li’ di diabolik, ho versato lacrime di commozione 😀
"Mi piace"Piace a 1 persona
Pingback: CINECOMICS STORY – PROLOGO: ONOMATOPEE SUL PICCOLO SCHERMO | L'OSSERVATORIO
Pingback: SO LONG, MAN OF TOMORROW | L'OSSERVATORIO di PizzaDog